Gli uomini hanno definito l'amore in mille citazioni. Il loro approccio all'amore varia a seconda della prospettiva che usano sia romantica, genitoriale, platonica, spirituale o fraterna.
È difficile definire l'amore in modo universale, questo può variare a seconda delle relazioni. Alcuni possono esprimere l'amore attraverso gli occhi, attraverso la gioia, gli altri attraverso il dolore della tristezza e altri, attraverso le lezioni apprese.
Anche l'ambiente ha un ruolo nel modo in cui si percepisce l'amore. La media, TV o film possono avere condizionamenti sociali.
Secondo la filosofia buddista l'amore ha 4 elementi chiave:
Gentilezza, compassione, gioia e serenità.
Questi talenti hanno bisogno di essere appresi e applicati quotidianamente, in questo modo è possibile vivere il vero amore, incondizionato.Gli uomini hanno definito l'amore in mille citazioni. Il loro approccio all'amore varia a seconda della prospettiva che usano sia romantica, genitoriale, platonica, spirituale o fraterna.
È difficile definire l'amore in modo universale, questo può variare a seconda delle relazioni. Alcuni possono esprimere l'amore attraverso gli occhi, attraverso la gioia, gli altri attraverso il dolore della tristezza e altri, attraverso le lezioni apprese.
Anche l'ambiente ha un ruolo nel modo in cui si percepisce l'amore. La media, TV o film possono avere condizionamenti sociali.
Secondo la filosofia buddista l'amore ha 4 elementi chiave:
Gentilezza, compassione, gioia e serenità.
Questi talenti hanno bisogno di essere appresi e applicati quotidianamente, in questo modo è possibile vivere il vero amore, incondizionato.
1. Gentilezza
Gentilezza significa essere gentili e premurosi con gli altri.
gentilézza s. f. [der. di gentile1]. - 1. ant. Nobiltà, sia ereditaria sia (secondo l'interpretazione degli stilnovisti) acquisita con l'esercizio della virtù e con l'elevatezza dei sentimenti: prende amore in g. loco (Guinizzelli). 2. a. La qualità propria di chi è gentile, nei varî sign. dell'aggettivo: g. d'aspetto, g. di modi; e in senso morale: g. d'animo, di costumi, di sentimenti. Più com., amabilità, garbo, cortesia nel trattare con altri: persona di squisita g.; la sua innata g.; è di una g. rara, incomparabile; per g., formula di cortesia nel chiedere un favore, un'informazione e sim. b. Atto, espressione, modi gentili: fare una g., usare molte g., colmare di gentilezze; gli disse delle g.; trattare, accogliere con gran gentilezza. Spesso iron.: fammi la g. di levarti dai piedi; m'ha dato tutti questi epiteti e m'ha detto altre simili g. (cioè insolenze, impertinenze).
2. Compassione
La compassione consiste nel sentire le sofferenze e i dolori degli altri.
compassióne s. f. [dal lat. tardo compassio -onis, der. di compăti «compatire», per calco del gr. συμπάϑεια]. - 1. Sentimento di pietà verso chi è infelice, verso i suoi dolori, le sue disgrazie, i suoi difetti; partecipazione alle sofferenze altrui: umana cosa è aver c. degli afflitti(Boccaccio); provare, sentire, mostrare c. per qualcuno, per le sue pene; muovere, muoversi a c.; essere degno di c.; è una c. (cioè una condizione che suscita compassione) vederlo ridotto così. Frequente la locuz. fare c., destare pietà: è in uno stato da far c.; iperb., faceva c. persino ai sassi; anche, suscitare un senso di sprezzante commiserazione, detto di cose biasimevoli, ridicole, meschine, di lavori mal riusciti, di persone inette: il tuo cinismo mi fa c.; lo spettacolo faceva davvero c.; un pittore, un poeta che fa c.; con più spregio: taci, mi fai c.!; con sign. sim.: è una c. sentirti leggere; era una c. sentirlo strimpellare in quel modo il violino. 2. In senso più prossimo all'etimologia, il patire insieme, nell'espressione teologica c. di Maria Vergine, la partecipazione attiva della Vergine alla passione e morte di Gesù.
3. Gioia
Mantenere uno spirito gioioso.
giòia1 s. f. [dal fr. ant. joie, che è il lat. gaudia, plur. di gaudium: v. gaudio]. - 1. a. Intensa e piacevole emozione che si prova quando un fine, più o meno consapevolmente perseguito, viene raggiunto o un desiderio trova appagamento, e si manifesta di solito nell'aspetto esteriore della persona, talvolta con atti e comportamenti spontanei e liberatorî: provare, mostrare una gran g., un'immensa g., una g. viva, piena, ma anche una g. crudele, torbida, perversa; essere ebbro, pazzo di g.; grida, canti, lacrime di g.; fuochi di g., accesi in segno di grande festa; la notizia mi ha riempito di g.; l'incidente turbò la g. della serata; darsi alla g., alla pazza g., darsi ai divertimenti, a manifestazioni di spensierata allegria. b. In funzione predicativa, di persona che sia fonte di felicità e di consolazione: quel bambino è la g. dei suoi genitori (cfr. anche il sign. 2 di gioia2). 2. Diletto, letizia, stato di felicità: lungamente in piacere e in g. poi vissero insieme (Boccaccio); Gioia promette e manda pianto Amore (Foscolo). Anche al plur.: le g. del paradiso; Manda alle ascose vergini Le pure g. ascose (Manzoni); nel linguaggio com., più spesso, consolazioni, soddisfazioni: le g. della vita, della maternità; talvolta iron.: ecco le g. della famiglia! Per antifrasi, che gioia!, a proposito di cosa noiosa, seccante: immàginati che g. sentirlo brontolare dalla mattina alla sera! 3. poet. Stato festoso della natura, e sim.: gran g. di cielo e di campagna (Tommaseo).
4. Serenità
Upeksha è un termine sanscrito che significa serenità, senza attaccamento, senza discriminazione e distacco. "Upa" significa di più, e "iksha" significa guardare.
serenità s. f. [dal lat. serenǐtas -atis, der. di serenus «sereno»]. - 1. Qualità, stato di ciò che è sereno; in senso proprio: s. del cielo, dell'aria; e in senso fig.: s. d'animo, di giudizio; la s. dell'imputato ha impressionato favorevolmente i giudici. 2. ant. Titolo d'onore che spettava ai dogi di Venezia e di Genova (cfr. serenissimo): Sua Serenità.
seréno agg. e s. m. [dal lat. serenus, propr. «asciutto, secco», quindi «sgombro di nuvole, limpido», detto del cielo]. - 1. agg. Senza nuvole; limpido, terso, riferito propriam. al cielo e, per estens., al tempo atmosferico: cielo s.; giornata, notte s.; frequente nella locuz. avv. a ciel s., a cielo scoperto, all'aria aperta: dormire al ciel s.; e fig., un fulmine a ciel s., una notizia, un avvenimento inaspettato e per lo più spiacevole: il fallimento di una ditta così ben avviata è stato per tutti un fulmine a ciel sereno. 2. agg., fig. In generale, l'opposto di turbato, ma con accezioni partic. secondo l'oggetto cui viene attribuito: a. Tranquillo, non agitato da timori, da gravi pensieri e preoccupazioni, non sconvolto da passioni: animo s.; coscienza, mente s.; più genericam., una letizia, una gioia s., pura, senza turbamento. b. Che esprime, che denota una tranquillità interiore: viso, sguardo s.; avere un aspetto s.; una bellezza s.; conservare un atteggiamento s. anche di fronte alla morte. c. Libero da gravi preoccupazioni, da dolori, mali e fastidî; tranquillo e lieto: una vita s.; avere un'esistenza s.; abbiamo passato una vacanza s.; ricordiamo le s. giornate trascorse insieme a voi. d. Non offuscato da passioni, non influenzato da preconcetti; obiettivo, imparziale: un giudizio s.; una valutazione s. dei fatti. 3. s. m. a. Cielo sereno, tempo sereno: guarda che bel s., stasera; talora, il cielo in genere: Torna azzurro il s., e tornan l'ombre Giù da' colli e da' tetti (Leopardi). Nel linguaggio poet., spec. ant., anche al plurale: Quale per li seren tranquilli e puri Discorre ad ora ad or sùbito foco (Dante); come ne' lucidi s. sono le stelle ornamento del cielo (Boccaccio); e in senso tra proprio e fig.: col pensiero Quasi a' sereni dell'Olimpo alzossi (Foscolo), al limpido cielo, o meglio alle sedi serene, dell'Olimpo. b. Per estens., l'aria aperta, soprattutto nella locuz. al sereno (sempre con riferimento alla notte; cfr. sotto le stelle): dormire, passare la notte al s. (ant., con questo stesso sign., alla serena, come locuz. avv.: era diventato di pratica di banchettare alla serena per tutta la città, Rovani); anche, il freddo pungente della notte (più sensibile quando il cielo è limpido): lo scolare andando per la corte, sé esercitava per riscaldarsi, né aveva dove porsi a sedere né dove fuggire il s. (Boccaccio); sarebbe stato poco efficace aiuto contro il rigore del s. (Manzoni). c. poet. Chiarità, limpidezza del cielo e dell'aria: Quindici stelle che ... Lo cielo avvivan di tanto sereno Che soperchia de l'aere ogne compage (Dante). Fig., luminosità, serenità, spec. dello sguardo: Dal bel seren de le tranquille ciglia Sfavillavan sì le mie due stelle fide (Petrarca). 4. Pietra s., varietà di macigno di colore grigio azzurrognolo (di qui il nome), molto comune nell'Appennino centrale e largamente usata come pietra da taglio, per interni (stipiti di porte, caminetti, mostre, elementi decorativi, ecc.) e, malgrado col tempo si sfaldi, anche per esterni. ◆ Superl. serenìssimo (v.). ◆ Avv. serenaménte, con serenità interiore: guardare serenamente all'avvenire; l'imputato attendeva serenamente il verdetto; tranquillamente, senza pensieri e preoccupazioni gravi: vivere serenamente; con obiettività, imparzialità: giudicare, valutare serenamente.
Partendo dall'assioma base che tutto quello che viviamo è lo specchio di quello che abbiamo dentro, occorre sviluppare il rapporto con noi stessi concentrandoci sui quattro principi chiave di gentilezza, compassione, gioia e serenità al fine di poter instaurare con gli altri relazioni amorevoli.
Buona vita
B. Wilde
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