Essere una donna "anomala" nel dolore: come non cedere alla rabbia e restare libera
- B Wilde
- Jul 30
- 3 min read
di Barbara Wilde
In un mondo dove le emozioni forti vengono spesso represse, fraintese o giudicate, una donna che soffre con lucidità, senza vendetta, senza urla, senza rabbia... appare strana. Insolita. Anomala.
Quando si riceve un rifiuto. Quando un uomo afferma che non c'era amore, solo attrazione fisica. Quando parole taglienti arrivano come sentenze, è naturale sentirsi trafitte, destabilizzate. La reazione più comune è l’ira, la difesa, la chiusura.
Eppure, esiste una forma diversa di risposta. Una che non urla, ma chiarisce. Che non colpisce, ma nobilita. Che non cerca vendetta, ma equilibrio.
"Ti auguro il meglio. Anche se non sono io il tuo destino, scelgo di non lasciarmi definire dal mio dolore."

L’anomalia della grazia
Rispondere con rispetto a chi ha ferito non è debolezza.Non è sottomissione.È rivoluzione interiore.
In una cultura dove il dolore viene spesso strumentalizzato, chi lo attraversa senza perdersi può sembrare diversa, quasi fuori luogo. Non grida, non insulta, non si vendica. Ma si libera.
Perché la vera forza risiede nella padronanza emotiva.
La rabbia è una reazione naturale, spesso necessaria, ma restarci dentro può trasformarsi in un’altra forma di prigionia. Reagire con rabbia a chi ha avuto paura di amare davvero può significare rimanere ancorate a quella stessa paura.
Essere "anomale" significa scegliere risposte basate su consapevolezza, non su reattività.
Il dolore che nobilita, non che consuma
Riuscire a stare nel dolore senza esserne travolte è un atto di padronanza interiore. Non si tratta di "essere forti" nel senso comune, ma di essere intere. Di non lasciare che il disincanto definisca il proprio valore. Di non cercare conferme in chi non ha voluto vedere.
Anche ferita, la dignità di una donna resta intatta. Resta sacra.
La libertà che si sceglie nei momenti più difficili
La vera libertà si manifesta quando si potrebbe odiare, e invece si benedice. Quando si potrebbe reagire con rancore, ma si risponde con chiarezza e presenza. Quando il dolore non viene negato, ma attraversato con lucidità.
In quei momenti, anche la sofferenza si trasforma: smette di essere nemica, e diventa maestra.
"Ave Maria, gratia plena" – la femminilità come pienezza
In latino, "gratia plena" significa "piena di grazia". Non solo gentilezza o eleganza, ma integrazione tra forza e accoglienza, tra determinazione e compassione.
Essere "gratia plena" è incarnare la luce nella ferita, il rispetto nel conflitto, l’amore anche nel distacco. È rispondere al mondo non con negazione o reazione, ma con verità. E lasciare che sia questa verità a guidare il cammino.
Coaching Insight
1. Quando si resta calmi nel caos, non si è freddi. Si è radicati.
La serenità può essere la forma più alta di forza.
Riflessione: Quale parte interiore sta già guarendo, anche se non parla?
2. L’amore non corrisposto non diminuisce il valore personale.
Un rifiuto può diventare un confine sano, non una ferita permanente.
Scrittura: Quali spazi oggi meritano la tua energia?
3. Soffrire con consapevolezza è già guarigione.
Non si guarisce più in fretta, ma in profondità.
Affermazione: "Non sono il dolore che ho provato, ma la presenza con cui l’ho attraversato."
4. La rabbia può emergere, ma non guida le scelte.
La lucidità permette di restare fedeli a sé stesse, anche nel disordine.
Azione: Compila una lista di ciò che oggi scegli di non trattenere più.
5. La grazia è una decisione.
Non è un caso, ma un atto di libertà.
Ricorda: La forza non si misura nel non cadere, ma nel rialzarsi senza perdere sé stessi.
BWilde Coaching
Perché la nuova femminilità non è quella che non sente,ma quella che sente tutto, e sceglie comunque la libertà.



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